Il campo di Laterina

IL CAMPO ITALIANO no 82
(1941- settembre 1943)

La presenza costante nel campo di una media di 2.500-3.000 prigionieri, la scarsa igiene, la sottoalimentazione, provocavano nei prigionieri malattie debilitanti: dissenteria e tifo.

I prigionieri come in altri campi soffrivano la fame. Il pasto prevedeva 120 grammi di pane scuro fatto con una mistura di farina di grano, di granoturco e patate, un ramaiolo di minestra e un pezzetto di carne o di formaggio.




Ogni tanto arrivava un pacco della CroceRossa internazionale, che conteneva cioccolata, caffè, tè, biscotti, uva secca, salmone, sigarette. Anche i familiari dei prigionieri potevano inviare ogni tre mesi un pacco che poteva contenere solo vestiti, libri e cioccolata.

I prigionieri riuscivano a scambiare con i militari italiani di guardia la cioccolata, il caffè, il tè che trovavano nel pacco della Croce Rossa con del pane. Racconta Carlos Rodriguez Zarraga, uno spagnolo catturato in Africa dai tedeschi e che nel 1943 era prigioniero a Laterina dove rimase fino all’8 settembre: "noi gli [ai soldati italiani] si dava un tè un caffè e loro ci buttavano le pagnotte dalla rete … Italiano, quante pagnotte per un tè? – Due pagnotte- No, una!. Due!- E va bene, due pagnotte!".

Ogni mattina veniva fatto l’appello nel grande spazio all’aperto compreso fra la cucina e le baracche, che richiedeva alcune ore.

 

Poi i prigionieri dovevano provvedere ai bisogni quotidiani: chi era addetto alla pulizia del campo, chi pensava alla cucina, chi faceva il lavoro di barbiere, chi scavava latrine. I prigionieri addetti ai lavori nel campo avevano il doppio della razione di cibo.

Gli altri prigionieri passavano la giornata o passeggiando attorno al perimetro del campo oppure giocavano a carte; avevano anche la possibilità di organizzare delle partite di calcio nello spazio usato per l’appello.

Immagine del campo nel 1944. (Raccolta E. Gradassi)

Cartolina spedita da un prigioniero del campo 82. (Raccolta E. Gradassi)

Immagine del campo nel 1944. (Raccolta E. Gradassi)


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