Il campo di Renicci

il vitto degli internati


La mancanza di cibo è centrale alla storia del campo di Renicci e questo fatto doloroso è ormai radicato nella memoria storica della popolazione locale, dei soldati e, naturalmente, degli internati. Anche il ricordo in gran parte negativo del comandante Giuseppe Pistone è connesso a questo tema.

Quando gli uomini arrivavano ad Anghiari erano già molto deboli, malati e denutriti, sia perché provenivano da altri campi, sia perché il viaggio era stato lungo e faticoso.

Viste le ghiande in terra, le abbrustolirono e ne mangiarono in abbondanza, procurandosi occlusioni intestinali.

Il vitto per gli internati era stabilito da apposita disposizione superiore: andava da un minimo per gli internati a scopo repressivo, ad un massimo per i lavoratori. Gli internati del campo erano tutti a scopo repressivo.

Lo stesso generale Gastone Gambara, comandante dell’XI° Corpo d’Armata aveva affermato: «Logico ed opportuno che campo di concentramento non significhi campo d’ingrassamento. Individuo malato = individuo che sta tranquillo».

 

 


Tabella con le razioni alimentari degli internati. (ACS)

Lettera della Croce Rossa sullo stato del campo. (ACS)

Il querceto di Renicci oggi. (foto D. Finzi)


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