Tra
il luglio e l’agosto 1943, con la caduta del fascismo e l’avvicinarsi
delle truppe anglo americane, vennero
trasferiti a Renicci 234 confinati politici
provenienti dalla colonia di Ustica ed altre centinaia di confinati
ed anarchici dalle colonie di Ventoténe e Ponza. Il numero complessivo
dei presenti salì così a 3.620 + 500 uomini di guardia.
Con l’arrivo dei
prigionieri politici cambiò anche l’atmosfera nel campo ed iniziarono
proteste, scioperi della fame e dimostrazioni.
Dopo l’8 settembre la
situazione si fece sempre più tesa: molti militari di guardia fuggirono,
altri sbandati giunsero al campo; la sera del 9 ci fu una sparatoria con
quattro feriti, gli internati ed i confinati politici cominciarono ad
essere rilasciati. Tutti quanti temevano l’imminente arrivo dei
tedeschi, perché deportavano chiunque, soprattutto i militari.
Il
pomeriggio del sabato 14 settembre 1943, poco dopo l’arrivo,
forse casuale, di tre autoblindo tedesche, i
militari rimasti si diedero alla fuga. Quando gli internati si resero
conto che non c’era più alcun controllo, abbatterono il cancello e
fuggirono verso i monti che
separano la Valtiberina dall’Adriatico. Numerosi ex-prigionieri del
campo di Renicci costituirono o entrarono a far parte di formazioni
partigiane operanti nell’Appennino Tosco-Marchigiano.
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